Perché Svezia e Danimarca stanno gestendo la pandemia in modo opposto

È sicuramente noto a tutti come la Svezia sia l’unico Paese, non solo tra quelli scandinavi, ma anche tra quelli europei, ad aver deciso di gestire la pandemia in modo completamente diverso da tutti. Danimarca, Norvegia e Finlandia, infatti, hanno istituito subito dei lockdown nazionali (la Danimarca chiuse qualche giorno dopo l’Italia, nel marzo 2020), mentre la Svezia ha fin da subito escluso di chiudere scuole, uffici, bar e ristoranti, evitando anche l’obbligo di indossare le mascherine.

A più di un anno dallo scoppio di questa crisi tra le più gravi degli ultimi 70 anni, con le vaccinazioni che più o meno procedono in tutti i Paesi, è arrivato il momento di cercare di capire perché la Svezia ha scelto di operare diversamente, e che risultati ha ottenuto a livello sociale.

Il COVID e la Scandinavia

Bisogna partire dal presupposto che tutti i paesi Scandinavi hanno gli strumenti per riuscire a fronteggiare, secondo più modalità, tutti gli stress esterni, anche una pandemia globale. Non nel senso che è come se “scivolasse addosso” all’economia del Paese – gli effetti ci sono anche lì – ma nel senso più sociale. 

La Scandinavia moderna, e questo riguarda tutti i Paesi che fanno parte della regione, ha una forte tradizione democratica, con popolazioni fortemente attive nella vita politica dei Paesi e, soprattutto, con dei sistemi di welfare tra i più funzionanti al mondo. Danimarca, Svezia e Norvegia – ma anche la Finlandia, da quando ha sventato la sua peggiore crisi – hanno inoltre bassi livelli di disoccupazione e parità tra i sessi molto elevata, seppur non ancora perfetta. A questo si aggiungono altri “benefit” di cui gode la popolazione, spesso non solo locale: l’istruzione superiore è gratuita, i criteri di ammissione all’università sono basse e non dipendono dal reddito, l’assistenza sanitaria è gratuita e/o ben sovvenzionata a livello statale.

Scandinavia unita 

E, soprattutto, gli scandinavi sono tra i più rispettosi mondo, nel senso che ascoltano quanto ordinato a livello legislativo dal governo. Eppure, in tutte queste somiglianze, la Svezia ha agito in modo diverso, con comportamenti e ordinanze inspiegabili non solo per noi sud-europei, ma anche per i suoi stessi vicini.

Le azioni del governo svedese, simili in un certo senso alle decisioni iniziali di USA e UK, non sono state prive di conseguenze. Nello specifico la Svezia ha visto un numero pari a 12.500 morti per coronavirus, contro i 2.300 della Danimarca e gli appena 607 della Norvegia. Se è vero che la Svezia è il Paese più popoloso di tutti (10 milioni contro i circa 5 di Danimarca e Norvegia), rimane che il paragone non regge nemmeno guardando il dato in proporzioni.

La Svezia e il COVID

Per capire il senso di questa strategia completamente diversa rispetto a quella dei vicini, bisogna andare a vedere sia come è governato il più grande Paese scandinavo, sia la Svezia in sé. E la spiegazione diventa più semplice paragonando la Svezia alla Danimarca, le due nazioni “principali” della Scandinavia, nonché storicamente rivali. 

Entrambi i Paesi hanno infatti un governo guidato dal Partito Socialdemocratico, con Mette Frederiksen primo ministro danese e Stefan Lövfen primo ministro svedese. Stesso partito, scelte diverse che si devono a un modo molto diverso di gestire i ministeri. In Svezia, infatti quello che nel Paese è noto come “ministerstyre”, ovvero “governance ministeriale”, è illegale: un ministro, insomma, non può governare attivamente le agenzie e il proprio ministero in modo totalmente indipendente. Al contrario, in Danimarca “ministertsyre” non indica un reato, ma indica come sono governati i ministeri: in Danimarca, i ministri hanno più potere e hanno modo di gestire il loro ministero di competenza a piacimento.

Mette Frederiksen, primo ministro danese

Tradotto, un ministro svedese non ha modo di controllare i dettagli di cosa sta facendo il suo dipartimento e questo si è visto soprattutto con la pandemia. Nel Regno di Carlo XVI Gustavo le misure anti-COVID sono state guidate da Anders Tegnell, un epidemiologo famoso in tutto il mondo, che si è basato su ciò che l’Agenzia per la Sanità Pubblica ha considerato nel migliore interesse dei cittadini. Una cosa completamente diversa a quanto visto in Danimarca, dove il PM Mette Fredriksen e Magnus Heunicke, ministro della Salute e degli anziani, hanno deciso di guidare loro stessi il Paese in pandemia, togliendo l’onere ai ministeri.

Stefan Lövfen, primo ministro svedese

Ciò si è rivelato un vantaggio e una dimostrazione del miglior sistema politico danese rispetto a quello svedese. A livello teorico, impedire il ministerstyre, appunto la governance ministeriale, dovrebbe garantire che decisioni importanti, come quelle legate al COVID, siano prese da esperti nel settore e non da politici, spesso inesperti. Ma in Svezia, durante la pandemia, hanno agito insieme un mercato deregolamentato per salute e assistenza agli anziani e un governo piuttosto debole, che hanno portato a un vuoto di potere. Dovremmo saperlo bene soprattutto in Italia: al momento, infatti, in Svezia l’attribuzione della responsabilità per tutti i problemi legati alla pandemia viene continuamente rimbalzata tra governo e sanità pubblica, ma anche tra Autorità, Regioni e Comuni, gli ultimi due responsabili rispettivamente di assistenza sanitaria e assistenza agli anziani.

Non sono colpe da sottovalutare, se pensiamo che per un certo periodo la Svezia ha avuto il più alto tasso di mortalità pro capite in Europa legato al COVID.

Critiche svedesi, critiche danesi

Parte della responsabilità viene attribuita anche alle aziende private che gestiscono le strutture di assistenza degli anziani, accusate di non pagare bene il personale, di avere troppi dipendenti con contratti orari – e, quindi, troppe persone che vanno e vengono – e di non dare ai propri dipendenti una dotazione sufficientemente protettiva. Altre controversie hanno riguardato le decisioni in merito alle cure palliative, le cui decisioni per la fornitura sono state prese senza che i pazienti anziani fossero mai andati da un medico.

Attenzione, però, perché le critiche non sono mancate nemmeno in Danimarca. Nel Paese, nonostante un bilancio decisamente più basso (2.300 vittime), il governo è stato criticato, paradossalmente, per l’opposto: ovvero per delle decisioni troppo eccessive, su tutti quella di eliminare milioni di visoni considerati portatori di una variante. Decisione, ora, considerata illegale. Ma oltre a questo caso, estremo e a sua volta inspiegabile, il governo guidato da Mette Frederiksen è stato criticato per le chiusure e le restrizioni, durate a fasi alterne fino a marzo 2021, considerate eccessive ed eccessivamente durature.

Göteborg

Insomma, due visioni e due azioni completamente diverse, eppure entrambe basate sulla “consultazione di esperti”. Divergenze che, come abbiamo visto, riguardano anche l’utilizzo delle mascherine, in Danimarca obbligatorio (anche se solo nei luoghi al chiuso), in Svezia no. Il già citato Anders Tegnell, infatti, si è sempre raccomandato di evitare regole non basate su prove scientifiche. Tra queste c’è anche l’efficacia dell’uso delle mascherine, da lui e molti altri esperti contestata, così anche come le restrizioni, giudicate utili solo nel breve termine. Al contrario, le restrizioni hanno dimostrato un’influenza estremamente negativa, sia a livello economico che sociale: le prime a pagarne le conseguenze sono le donne, che hanno sofferto sia a livello economico, sia sociale, sia professionale, dovendo stare a casa insieme ai bambini, in molti casi (tra cui l’Italia) senza supporto di nessun tipo. 

Una situazione che in Svezia, proprio per la mancanza di chiusure, non si sta verificando. Ad ogni modo, sarà da vedere se, col senno di poi, aveva ragione Stoccolma oppure Copenhagen.

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